Sia lodato Gesù Cristo!

Racconta uno scrittore che nell’isola di Creta c’era una fontana misteriosa e miracolosa: chi beveva della sua acqua riacquistava prodigiosamente la giovinezza, scomparivano tutte le rughe e i segni della vecchiaia. Naturalmente le signore erano disposte a pagare qualunque cosa pur di avere un po’ di quell’acqua, per ritornare giovani e belle.

Questo è un racconto, una favola. Invece, cari fedeli, il Sacramento del Battesimo, che Gesù Cristo ha istituito e che la Chiesa conserva e pratica, è realmente una fontana misteriosa dove chi viene lavato riacquista la bellezza originaria. L’anima, lavata in quest’acqua, ritorna pura, bella e santa: acquista la luce e la Grazia di Dio.

Tutti quanti conosciamo gli effetti meravigliosi del Sacramento del Battesimo: si è purificati dal peccato originale e da ogni altro peccato, e al tempo stesso si diviene figli di Dio, fratelli di Gesù, templi dello Spirito Santo, membra vive della Chiesa ed eredi del paradiso, destinati alla comunione eterna con Dio.

Nel Battesimo nostro si realizza una cosa simile a quella che si verificò nel Battesimo di Gesù Cristo, allorché Egli si recò al Giordano da Giovanni con la precisa intenzione di farsi battezzare, e dovette anche convincere Giovanni, il quale faceva difficoltà: “No, è necessario, affinché così si adempia ogni giustizia!”. Dice il testo sacro: “Allora si aprirono i cieli, lo Spirito Santo discese su Gesù sotto forma di colomba, e si udì la voce del Padre che diceva: ‘Questi è il Figlio mio prediletto, in lui mi sono compiaciuto!’”.

Ripeto: c’è una certa somiglianza - oltre che uno stretto rapporto di dipendenza - tra il Battesimo di Gesù e il Battesimo nostro. C’è una certa somiglianza per quanto riguarda l’essere, ossia noi siamo configurati a Gesù con un carattere indelebile e quindi diveniamo partecipi dei suoi stessi doni di Grazia: da quel momento anche su di noi scende lo Spirito Santo e il Padre ci chiama suoi figli prediletti, “e quello che saremo non è stato ancora rivelato”. Siamo anche noi altrettanti “Cristi”, ossia “unti”.

E poi c’è anche conseguentemente una certa somiglianza di missione: cioè, ogni cristiano, in forza del suo Battesimo, è chiamato a collaborare con Gesù per annunciare il Vangelo e per salvare tutti gli uomini (oltre che santificare se stesso). Infatti, nostro Signore, da quel momento in poi, predicò la Buona Novella, fece tanto bene a tutti, e infine morì sulla croce donando la sua vita per l’intera umanità.

Noi cristiani battezzati siamo chiamati a diffondere la Buona Novella con le parole e ancor prima con l’esempio, come meglio possiamo, con tutti i mezzi leciti diceva San Massimiliano Maria Kolbe. Testimoniare Gesù e il suo Vangelo senza starcene con la bocca chiusa. Se siamo luce, non possiamo non risplendere - come disse Gesù stesso - e dobbiamo “illuminare tutti quelli che stanno nella casa”, cioè nell’ambiente in cui viviamo e operiamo. Il dovere, insomma, di evangelizzare. Ci avete mai pensato voi cristiani battezzati?! …

Ma per evangelizzare gli altri bisogna anzitutto evangelizzare se stessi, ossia conoscere bene la dottrina cristiana, la Parola di Dio, il Vangelo, gli insegnamenti della Chiesa, ed ecco perciò la necessità dell’istruzione religiosa. Conoscere meglio, di più, con maggiore profondità quello che è il nostro Credo, specialmente per “rispondere a quelli che ci chiedono ragione della speranza che è in noi”, come scrive San Pietro.

In secondo luogo, come ho detto, Gesù Cristo fece il bene, passò “operando il bene”, e lottando contro il peccato, non facendo mai alleanza con questa brutta bestia ma sconfiggendolo dovunque si trovasse. Anche noi abbiamo questa missione. Nel Battesimo si fanno le rinunce al peccato, a Satana, al male. E queste rinunce poi devono essere attuate concretamente nel corso della vita, durante tutto il nostro cammino. Sappiamo che certi santi si sono fatti ammazzare pur di non commettere il peccato, anche un solo peccato. E noi, a questo proposito come si comportiamo? Forse che al contrario, ci mettiamo addirittura nelle “occasioni prossime di peccato”, non mortificando i sensi, per esempio, con tutto quello che vediamo, che ascoltiamo, che leggiamo?! ... Se così fosse, come potremmo sentirci veramente cristiani e battezzati, votati alla lotta contro il peccato?! … Potremmo ancora dirci discepoli di nostro Signore e sua proprietà?

E infine la missione di Gesù Cristo fu coronata, diciamo così, dalla morte in croce, quando egli diede la sua vita, tutto il suo sangue per salvare i fratelli, per salvare noi, e disse: “non c’è amore più grande di questo, dare la vita per i propri amici”.

Anche noi, nella nostra esperienza umana e cristiana, ci troviamo, tante volte e in tanti modi, nella sofferenza nei suoi diversi aspetti e forme. E quando ci troviamo in compagnia della sofferenza, capita molto spesso che magari imprechiamo, sbuffiamo, o peggio ci ribelliamo e bestemmiamo dicendo: “ perché a me, come mai?! …”. O al massimo accettiamo la sofferenza “con la fune al collo” come si suol dire, ossia senza speranza e senza amore. E allora, quella sofferenza non serve quasi a nulla. È come acqua sprecata che non dona vita. Gesù Cristo anche in questo ci ha dato un esempio sublime. La sua sofferenza, perché accettata e offerta con amore al Padre, è stata capace di redimere tutta l’umanità. Il cristiano è un consacrato alla sofferenza, anche se non gli toccherà morire violentemente e di versare il suo sangue come nostro Signore, ma anch’egli è chiamato a portare la croce. Orbene, se la porta con amore, con speranza, con fede, anche la sua croce diventa fonte di luce, di grazia e di santità per sé e per gli altri, proprio come hanno fatto i santi e soprattutto la B. Vergine Maria. Il cristiano è per vocazione un piccolo “corredentore”.

In conclusione, cari fratelli e sorelle, ricordiamoci: il Battesimo di Gesù e il Battesimo nostro, c’è una certa somiglianza nell’essere e c’è una certa somiglianza nella missione. Il Battesimo di Gesù conteneva in germe, per così dire, tutto quello che egli avrebbe fatto e che difatti realizzò. E così anche il Battesimo nostro: è come il codice genetico, secondo il quale ci dobbiamo poi sviluppare, in fedeltà e concretezza. Il Battesimo nostro, per usare un’altra immagine, è la speranza di Dio su di noi, è il suo progetto su ciascuno: “Tu sei mio figlio prediletto!”. È la scommessa che Dio ha fatto su di noi. Saremo fedeli?! … Deluderemo queste speranze?! … Dipende veramente da noi perché, da parte sua, Dio non viene mai meno con la sua Grazia! Auguri!

Padre Michele Iosio

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