Meditazione si Don Carlo De Ambrogio, fondatore del GAM - Gioventù ardente mariana - ll censimento di Cesare Augusto e il governo di Quirino costituiscono due dati storici e cronologici, che fissano l’epoca della natività di Gesù.

Questo censimento, che coincise con la nascita di Cristo, è detto il primo, perché inaugurò la serie dei censimenti; il secondo avvenne il 6 dopo Cristo. Secondo l’uso (che i papiri attestano anche per l’Egitto) ognuno doveva farsi iscrivere nella sua città d’origine.

Giuseppe salì dalla città di Nazaret alla città di Davide, chiamata Betlemme (era infatti della casa e della famiglia di Davide), per farsi registrare con Maria, sua sposa, che era incinta. In Egitto le donne dovevano presentarsi personalmente agli uffici del censimento. La medesima regola esisteva probabilmente anche in Giudea. Maria era dunque tenuta ad accompagnare Giuseppe come appartenente alla casa di Davide e come sua sposa. Obbedendo all’editto di Cesare Augusto, tutti e due realizzano i disegni della Provvidenza, che disponeva gli avvenimenti in modo che il Salvatore del mondo nascesse a Betlemme, come avevano annunciato i profeti. Del viaggio, Luca non dà alcun particolare. Se ne possono congetturare l’itinerario e la durata: quattro o cinque giorni di cammino attraverso la pianura di Esdrelon, passando per Jezrael, costruita su un’altura che la unisce ai monti di Gelboe, Engannim, «la fontana dei giardini», con la sua corona di palme, il massiccio montagnoso della Samaria, le colline della Giudea, Gerusalemme e finendo, dopo nove chilometri, a Betlemme. Mentre erano a Betlemme, arrivò il tempo per Maria di dare alla luce il suo figliuolo primogenito.

L’epiteto «primogenito» si applicava al primo figlio, anche quando non dovevano essercene altri. Le parole di San Luca richiamano nella loro semplicità quelle di San Paolo: «Quando venne la pienezza dei tempi, Dio mandò suo figlio nato da una donna, nato sotto la Legge». Il racconto del fatto più importante della storia religiosa del mondo è una lezione d’umiltà. La madre avvolse il bimbo con le fasce e, con una tenerezza da cui traspariva il rispetto, lo adagiò nella mangiatoia, che era in una grotta.

Maria doveva presentire che quella nascita sarebbe stata conforme alla condizione del Messia: gloriosa sotto certi aspetti, e tuttavia comune, dissimulata e terrena per la maggior parte degli altri. Il particolare della grotta non doveva avere ai suoi occhi tutto l’aspetto di umiliazione che ha per noi; a Nazaret le case della povera gente erano sovente ricavate nelle grotte naturali.

La nascita rappresenta un avvenimento immenso per una madre.

Maria e Giuseppe stavano finalmente per vedere colui che recava soltanto una rassomiglianza materna, che era nato dalla potenza creatrice di Dio, che rappresentava, quindi, l’immagine di Dio sulla terra al più alto grado. Per la prima volta dalle origini del mondo, si poteva, senza cadere nell’idolatria, inginocchiarsi dinanzi a un essere vivente e adorare un corpo.

L’abbraccio della madre al suo neonato è un abbraccio in cui entra naturalmente una specie di ammirazione, quella stessa che l’artista proverebbe dinanzi a un’opera uscita dai suoi pensieri; nel momento in cui se la ritrova, all’improvviso, viva, sorride felice. Ma questa ammirazione della madre è, fondamentalmente, un omaggio a Dio che ha creato. La Madre Vergine poteva adorare Colui che era nato da lei, senza correre rischio di adorare se stessa. Il Vangelo raccoglie attorno a questo bambino tutto ciò che vi è di meglio  in cielo e sulla terra.

In cielo, gli Angeli annunciano la pace «agli uomini di buona volontà» o, secondo la mentalità ebraica, «agli uomini che Dio ama». Sulla terra, alcuni pastori quella notte — come si pratica ancora ai giorni nostri — si trovavano nei pascoli a est di Betlemme, occupati a far la guardia alle loro greggi.

All’improvviso sono avvolti da uno splendore, che Luca chiama la gloria del Signore, indicando così il carattere divino dello straordinario fenomeno. Un Angelo si presenta a essi, li rassicura e comunica loro il più commovente dei messaggi: «Non temete. Ecco che vi annuncio una grande gioia, destinata a tutto il popolo».

Precisa il motivo di questa gioia e l’oggetto di questa notizia: «Oggi vi è nato un Salvatore, che è Cristo Signore nella città di Davide». E per prevenire ogni esitazione, dà un segno di riconoscimento: «Troverete un neonato avvolto in fasce e giacente in una mangiatoia». È come un condensato popolare della teologia dell’Incarnazione. La voce di quell’Angelo era una testimonianza; quella di una moltitudine di altri Angeli fu un canto: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli — dicono le milizie celesti — e sulla terra pace agli uomini di buona volontà» «che sono oggetto della benevolenza divina, che il Signore ama».

I pastori partirono in fretta. Obbedivano alla grazia di Dio. Dopo aver cercato e trovato l’umile stalla, vi entrarono come in un santuario. Ciò che videro confermò quello che avevano udito. Perciò fecero sapere ciò che era stato detto riguardo a quel bambino.

Suscitarono, intorno alla mangiatoia, un movimento di ammirazione. Il ricordo di Gesù sembra essersi perduto ben presto a Betlemme. Ma un’anima, almeno, raccoglieva tutto ciò, e lo conservava meditandolo nel suo cuore. Era Maria, da cui Luca ha avuto probabilmente tutti i particolari del suo racconto. Essa penetrava con l’occhio dello spirito nelle cose divine che si compivano davanti a lei. Ne gustava la bellezza, ne conservava il profumo. Adorava in silenzio, lei modello delle anime contemplative.

Betlemme, malgrado la sua piccolezza, era conosciuta nella storia d’Israele, per gli avvenimenti che la prepararono a diventare la città di Davide. Lì si era fatto un nome Booz; Davide suo discendente vi aveva ricevuto l’unzione regale dalle mani di Samuele.

Ma da quando vi nacque il Salvatore del mondo, Betlemme divenne uno dei luoghi più santi della terra. Le anime cristiane, di secolo in secolo, hanno, come Santa Paola, esultato al pensiero di potervisi avvicinare: «Io, miserabile peccatrice, sono stata giudicata degna di baciare la mangiatoia nella quale vagì il Signore bambinello, e di pregare nella grotta dove la Vergine Maria dette alla luce il suo Figliuolo! Ecco il luogo del mio riposo, perché è la patria del mio Maestro. Io vi abiterò perché il Salvatore l’ha scelto».

 

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