XXIX DOMENICA TO-A - Sia lodato Gesù Cristo! Cari fratelli e sorelle, in effetti abbiamo un’anima sola ed è un’anima immortale, ed è un’anima creata direttamente da Dio, per la quale noi siamo esseri spirituali, fatti a sua immagine e somiglianza: “A immagine e somiglianza di Dio li creò” c’è scritto proprio nelle prime pagine della Bibbia.
L’uomo immagine di Dio: sarà questo, tra i tanti possibili, il tema della nostra riflessione, carissimi, tenendo presenti le letture appena ascoltate e in modo particolare il santo Vangelo.
Voi chiederete: “Ma dove sta questo tema nella Liturgia di oggi?”. Non è difficile scoprirlo, se stiamo bene attenti all’episodio particolare narrato dal Vangelo. I nemici di Gesù si avvicinarono a Lui per tendergli insidia con una domanda a trabocchetto: “E’ lecito o no pagare il tributo a Cesare?”. Dove stava il trabocchetto? Stava in ciò: Che se Gesù avesse semplicemente risposto: “Non è lecito pagare il tributo a Cesare, e cioè all’imperatore e dunque ai Romani, ai conquistatori, agli oppressori; non è lecito pagarlo”, i suoi nemici l’avrebbero accusato presso l’autorità costituita come un rivoluzionario e un disobbediente, e avrebbe passato guai. Se invece avesse risposto: “Sì, è lecito pagare il tributo all’imperatore e ai Romani”, allora lo avrebbero accusato ai connazionali, agli Ebrei: “Tu fai alleanza con il nemico, sei un traditore della patria”. Se non che Nostro Signore, che giustamente la sapeva più lunga – era Figlio di Dio! – quella volta come in tante altre circostanze se ne uscì bellamente, e li fece condannare con le loro stesse parole. “Portatemi una moneta”; poi chiese: “Di chi è l’immagine e l’iscrizione riprodotte in questa moneta?”. – Risposero: “Di Cesare!”. E allora Gesù concluse: “Date dunque a Cesare quello che è di Cesare – cioè, pagate il tributo giusto; poi però aggiunse una cosa che non gli era stata chiesta ma che per lui era la più importante – Ma date a Dio quello che è di Dio”, cosa che – sottinteso e tra parentesi – voi non fate: pensateci!”. Anche quell’altra volta alla domanda: “Qual è il primo e il massimo comandamento?”, Gesù rispose: “Ama Dio con tutto il cuore “, ma poi ugualmente fece una aggiunta non richiesta ma fondamentale: “E il secondo comandamento è simile: Ama il prossimo tuo come te stesso, cosa che voi non fate”, sempre sottinteso e tra parentesi.
Insomma, Nostro Signore non si lasciava scappare occasione per rimproverare e insieme certo per correggere, per attirare, per convertire, per santificare tutti, anche i suoi oppositori, perché per questo egli era venuto, come Buon Pastore in cerca delle pecorelle smarrite.
Ecco dunque, nella risposta di Gesù, il tema a cui accennavo: l’uomo immagine di Dio. E’ come se Gesù avesse risposto: “Su questa moneta c’è l’immagine e l’iscrizione di Cesare, e voi dovete restituirla a Cesare, all’imperatore; ma su di voi, su ciascuno di voi, di noi, c’è l’immagine e l’iscrizione di Dio, non scordatelo. E allora: Date anche a Dio quello che è suo, quello che gli appartiene!”. Ecco: L’uomo immagine di Dio, per essere perfetto, per essere veramente e non apparentemente giusto e santo, per realizzare il suo scopo, per essere felici e sereno di qua e poi eternamente di là, deve dare a Dio quello che è suo, deve donarsi liberamente a Dio, dato che gli appartiene, dato che su di lui, sulla propria esistenza, sul proprio essere c’è stampata l’immagine e l’iscrizione del Signore Dio Onnipotente e Creatore.
Questa verità la troviamo ad ogni pagina della Sacra Scrittura, sin dall’inizio, come già vi ho ricordato: “Dio creò l’uomo a sua immagine e somiglianza”. A completamento e a coronamento di tutto il creato, Dio disse: “Adesso facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza”, e con quanta cura e con quanta attenzione, con quanto amore lo creò. Plasmò del fango e poi gli soffiò dentro, “e l’uomo divenne essere vivente”: così c’è scritto nella Bibbia, parole che vogliono appunto significare che l’uomo è stato fatto da Dio, a sua immagine.
Dunque: nobile e divina è la nostra origine; nobile e divina è la nostra natura. Siamo infinitamente piccoli – potremmo dire – di fronte all’universo, di fronte ai monti, ai mari, alle galassie, alle stelle, di fronte al tutto. Se ci guardiamo attorno, ci sentiamo veramente minuscoli, insignificanti: un granello di sabbia! Che cos’è l’uomo, questo piccolo uomo sul pianeta chiamato terra?! Meno che nulla, tutto sommato! Eppure, dice il Salmo, “Tu, o Dio, lo hai fatto poco meno degli angeli!”. L’uomo è così piccolo di fronte al tutto, eppure è più grande di tutto. E’ più grande delle stelle, delle galassie, dei pianeti, dei mari e dei monti proprio perché l’uomo è fatto a immagine e somiglianza di Dio come nessun’altra creatura e nessun altro essere.
Divina è l’origine dell’uomo, divina è la sua natura, e divino è anche il suo destino, cioè lo scopo a cui l’uomo deve tendere, il suo fine, il porto a cui approdare. Infatti, mentre le piante, e gli animali, e le stelle e tutte le altre cose materiali nascono, crescono e muoiono, e poi finiscono nel nulla, per l’uomo invece non è così. Per lui non tutto finisce con la morte e con la tomba, ma anzi – come la fede ci assicura – tutto comincia. C’è una vita eterna dopo la morte, una vita eterna di condanna o di ricompensa, come Nostro Signore ci ha insegnato in tanti e tali modi, e come ci viene riportato dal santo Vangelo. Noi siamo stati creati per la ricompensa eterna, per vivere eternamente nella famiglia di Dio Trinità, Padre Figlio e Spirito Santo, con tutti gli angeli e i santi, per sempre, nei secoli dei secoli. Sappiamo che non avremo mai più fine, dal momento in cui siamo stati concepiti e siamo nati. Saremo eterni come Dio. L’uomo è stato creato per “conoscere e amare e servire via in questa vita, e per poi goderlo nell’altra vita in Paradiso” insegna il Catechismo. Nella Colletta della Messa odierna il sacerdote ha pregato così: “Dio onnipotente ed eterno, crea in noi un cuore generoso e fedele, perché possiamo sempre servirti con lealtà e purezza di spirito”.
Ecco le cose più semplici che è possibile dire, ma insieme le più fondamentali e le più importanti, perché se un uomo, per quanto nobile, ricco e scienziato egli sia, se un uomo non sa queste cose – ossia chi è, che fa, che deve fare e dove deve arrivare -, allora che cosa in realtà sa questo uomo?! … Nulla, meno che nulla! E’ un miserabile, nient’altro che un miserabile! Ma noi, carissimi, queste cose le crediamo con tutta l’anima, e vogliamo metterle in pratica con la buona volontà e con l’aiuto di Dio, di giorno in giorno.
Allora: siamo immagine di Dio, creati da lui. Siamo divini per natura e siamo divini per destino perché il nostro destino è il santo Paradiso. E allora, in conclusione? In conclusione resta valida la risposta odierna di Nostro Signore Gesù Cristo: Poiché siete immagine di Dio, “date a Dio quello che è di Dio”. Noi ci preoccupiamo tanto, e giustamente, di dare a Cesare quello che è di Cesare. Voglio dire che ci impegniamo, e ci affanniamo per le cose di questo mondo, la politica, l’economia, la società, le case … Insomma, tutto ciò di cui è costituita la nostra esistenza e la nostra storia. Però, tutto ciò non è il più importante, anzi tutto ciò è assai secondario e transitorio. Alla fine che cosa resta?! … Né i soldi e né le case! … Ma “date a Dio quello che è di Dio!”. Tu, o uomo, immagine di Dio, ritorna a Colui che ti ha creato! Ecco il compito che deve svolgere l’uomo nei brevi giorni della sua vita mortale. Il poeta Dante Alighieri ha scritto: “Considerate, o uomini, la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti – come bestie, animali – ma per seguir virtute e conoscenza”. Dunque: per perfezionarci di giorno in giorno nella conoscenza e nella pratica delle virtù.
Siamo nati e siamo stati creati a immagine di Dio e per raggiungere Dio e per goderlo per tutta l’eternità, ma … ma questo potrebbe anche non verificarsi: che triste destino sarebbe allora! … Ecco perché Gesù ammonisce: “Date a Dio quello che è di Dio!”. Questa immagine divina che portiamo in noi può essere distrutta dal peccato mortale e può essere sfigurata dal peccato veniale. E possiamo vivere così sfigurati e distrutti come figli di Dio. E se moriamo in questo stato di peccato mortale, ci sarà per noi non il premio ma la condanna eterna. Ecco perché Nostro Signore ammonisce quella gente di allora e tutti quanti noi: “Voi vi preoccupate tanto del tributo a Cesare e di questa moneta, ma non vi preoccupate di voi, del vostro destino?! … di quello che siete e di quello che fate?! … Pensate che, vivendo nel peccato, nel vostro egoismo, nella vostra incredulità – adesso state peccando ancora una volta, tendendomi con cattiveria un trabocchetto – voi rischiate di perdervi eternamente. Avete compreso? Allora, date a Dio quello che è di Dio!”. Facciamo nostro il versetto dell’Alleluia di oggi: “Risplendete come astri nel mondo, tenendo salda la parola di vita”. E così sia!
Padre Michele Iorio
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