Sia lodato Gesù Cristo! Cari fratelli e sorelle, il Vangelo di oggi ci parla della Trasfigurazione di Gesù, che noi contempliamo anche nel IV mistero luminoso del Rosario.
Questo mistero ci offre l’occasione per meditare sul Cielo, che è la nostra meta definitiva secondo la volontà di Dio. In effetti, i tre apostoli privilegiati scelti da Gesù, Pietro, Giacomo e Giovanni, vedono la gloria di Gesù trasfigurato e hanno perciò come un “pregustamento” della gioia del Paradiso. Tanto che S. Pietro esclama: “Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elìa”.
D’altronde, anche le altre Letture odierne ci orientano verso il tema della vita eterna.
S. Paolo scrive ai Filippesi così: “La nostra cittadinanza infatti è nei cieli e di là aspettiamo come Salvatore il Signore Gesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso”.
E, per la I Lettura, dal libro della Genesi, possiamo ben vedere nella terra promessa ad Abramo e alla sua discendenza, un’immagine del Cielo che ci aspetta dopo il pellegrinaggio di questa vita. Applicando la stessa immagine della “terra”, Gesù disse nelle Beatitudini: “Beati i miti perché erediteranno la terra!” (Mt 5,5). Intendeva riferirsi appunto alla terra promessa del Paradiso.
E nel Salmo Responsoriale di oggi l’autore sacro esprime il suo desiderio ardentissimo di vedere il volto di Dio, cosa che si realizzerà in pienezza proprio nel Cielo.
Cari fratelli e sorelle, la meditazione sul Cielo, ossia sulla salvezza eterna a cui siamo chiamati, è sempre molto utile e necessaria, ma soprattutto in questo tempo di Quaresima. In fondo, vivendo qui in terra, noi ci prepariamo a celebrare un giorno la Pasqua del Cielo che non avrà fine. E l’appello alla conversione e alla penitenza che la Chiesa ci ripete in questo periodo ha giustamente lo scopo di farci evitare l’Inferno e di portarci tutti in Cielo. E proprio per la conquista del Cielo hanno senso e valore le varie pratiche come la preghiera, il digiuno, la penitenza a cui siamo insistentemente invitati in questo tempo di Quaresima.
Insomma, tutto cambia di valore se visto in rapporto alla vita eterna. Bisogna fare ogni cosa come vorremmo averla fatta in punto di morte. E quindi, domandarci sempre: a che mi serve questo per la vita eterna?
Ma, che cos’è il Paradiso?
Nel Vangelo troviamo espressioni del genere: “banchetto di nozze”, “entra nella gioia del tuo Signore”, “ricevete in eredità il Regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo”, “rallegratevi perché i vostri nomi sono scritti nel Cielo”.
S. Giovanni dice nell’Apocalisse: “E (Dio) tergerà ogni lacrima dai loro occhi; non ci sarà più la morte,né lutto, né lamento, né affanno” (Ap 21, 4).
E S. Paolo: “Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, queste Dio ha preparato per coloro che lo amano” (1 Cor 2, 9).
Con la Liturgia di oggi possiamo affermare che il Paradiso è vedere senza veli il volto di Dio Trinità e la gloria di Gesù e restare in compagnia della Madonna, degli angeli e dei santi.
Con il Catechismo di S. Pio X possiamo rispondere: “Il Paradiso è il godimento eterno di Dio Sommo Bene e in lui di ogni altro bene, senza alcun male”.
E l’attuale Catechismo della Chiesa Cattolica, al numero 1023 e seguenti, si esprime in questi termini: “Coloro che muoiono nella grazia e nell’amicizia di Dio e che sono perfettamente purificati, vivono per sempre con Cristo. Sono per sempre simili a Dio perché lo vedono “così come egli è”, faccia a faccia. … Questa vita perfetta, questa comunione di vita e di amore con la Santissima Trinità, con la Vergine Maria, con gli Angeli e tutti i beati è chiamata “il Cielo”. Il Cielo è il fine ultimo dell’uomo e la realizzazione delle sue aspirazioni più profonde, lo stato di felicità suprema e definitiva. Vivere in Cielo è “essere con Cristo”. Gli eletti vivono “in lui”, ma conservando, anzi trovando la loro vera identità, il loro proprio nome. Con la sua morte e la sua Risurrezione Gesù Cristo ci ha “aperto” il Cielo. La vita dei beati consiste nel pieno possesso dei frutti della Redenzione compiuta da Cristo, il quale associa alla sua glorificazione celeste coloro che hanno creduto in lui e che sono rimasti fedeli alla sua volontà. Il Cielo è la beata comunità di tutti coloro che sono perfettamente incorporati in lui. Questo mistero di comunione beata con Dio e con tutti coloro che sono in Cristo supera ogni possibilità di comprensione e di descrizione”.
Vogliamo precisare che, secondo la nostra fede cattolica, subito dopo la morte ci sarà il cosiddetto Giudizio particolare da parte di Dio e quindi la sentenza: Inferno e Paradiso eterni oppure Purgatorio (che è temporaneo). E l’anima andrà subito alla destinazione ricevuta. Gesù disse al buon ladrone: “Oggi sarai con me in Paradiso”. Mentre i corpi diventeranno polvere, secondo la parola della Sacra Scrittura; e solo alla fine dei tempi, quando tutti i morti risorgeranno, i corpi si uniranno alle rispettive anime. E quindi, avverrà il Giudizio universale e a quel punto sarà ricostituita l’unità completa dell’uomo, anima e corpo, per il godimento o, disgraziatamente, per la privazione eterna di Dio.
Se le cose stanno così, cari fratelli e sorelle, tutto il problema sta nel fare ogni sforzo per andare in Paradiso: è veramente l’unica cosa necessaria. Ma, qual è la strada?
A questa domanda si può rispondere in tanti modi. Però, forse la risposta più breve e semplice e anche più precisa ce la dà oggi la voce del Padre Celeste che dice: “Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo”.
Per andare in Cielo, infatti, bisogna ascoltare e mettere in pratica tutto quello che ha detto e ha fatto nostro Signore Gesù Cristo. Anche la Madonna a Cana di Galilea disse ai servi: “Fate quello che egli vi dirà”.
Ascoltare e praticare la parola di Gesù significa essere come degli uomini saggi che costruiscono la loro casa sulla roccia, una casa che non crollerà mai e che essi abiteranno per sempre.
Ma cosa ha detto e fatto Gesù durante la sua vita terrena? Gesù è vissuto tutto e solo per compiere la volontà del Padre, “facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce”, per Dio e per il prossimo, dando così la prova del più grande amore. E, in effetti, sul monte Tabor (dove, secondo la tradizione avvenne la Trasfigurazione) Mosè ed Elia apparsi nella gloria con Gesù “parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme”, ossia appunto della suo Passione e Morte.
Bisogna, dunque, seguire Gesù per questa stessa strada.
Ed ecco perché egli ha detto: “Chi vuol venire dietro di me rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua”.
In effetti, tutto il resto della vita cristiana include sempre il rinnegamento di se stessi e la croce quotidiana.
Anche S. Paolo nella II Lettura di oggi, ci parla di croce e distacco: “Molti – ve l’ho già detto più volte e ora, con le lacrime agli occhi, ve lo ripeto – si comportano da nemici della croce di Cristo. La loro sorte finale sarà la perdizione, il ventre è il loro dio. Si vantano di ciò di cui dovrebbero vergognarsi e non pensano che alle cose della terra”.
In questo cammino verso il Cielo ci sono, poi, di grande aiuto gli esempi e gli insegnamenti dei santi. Ecco perché ancora S. Paolo oggi ripete ai Filippesi: “Fatevi insieme miei imitatori e guardate quelli che si comportano secondo l’esempio che avete in noi”.
Vogliamo pensare anche all’apparizione di Lourdes, dove la B. Vergine Maria disse alla veggente Bernardetta: “Prometto di farti felice non in questa ma nell’altra vita”.
E a Fatima “la bella signora che veniva dal Cielo” promise questo stesso Cielo, ossia la salvezza eterna, ai tre pastorelli. Ma, preferiamo che ci parli più lungamente del Cielo la stessa principale testimone di Fatima, Suor Lucia, morta il 13 febbraio del 2005. Ecco come scrive e medita su questo argomento nell’ultimo libro da lei scritto “Gli appelli del messaggio di Fatima” (cap 22): “Se Dio ci avesse creato solo per vivere sulla terra questi pochi giorni o anni, che passiamo qui tra lavoro, dolori e afflizioni che a tutti chi più chi meno tocca sopportare, allora potremmo dire che la nostra vita non ha ragione d’essere, poiché ben presto finisce nella polvere della terra da dove siamo stati tratti. Dio, nella sua grandezza, doveva avere fini più elevati, e il suo amore non poteva accontentarsi di questo. Noi siamo l’opera prima del suo amore, dato che ci ha creati per renderci partecipi dell’immensità della sua vita. Iniziando al momento del concepimento, la nostra vita si prolunga nel tempo sulla strada dell’eternità, dove rimane. Mentre viviamo sulla terra, siamo pellegrini in cammino verso il Cielo, se seguiamo la via che Dio ci ha tracciato. Questa è la cosa più importante della nostra vita: comportarci in modo che, quando partiremo da questo mondo e alla fine dei tempi, possiamo meritare di ascoltare dalla labbra di Gesù Cristo quelle parole consolanti: ‘Venite,benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo” (Mt 25, 24). Per questo il Messaggio (di Fatima) ci parla del Cielo e ci esorta a seguire la via che conduce al Cielo”.
Andando a concludere questa riflessione, cari fratelli e sorelle, vogliamo ricordare che su questa terra noi possiamo fare delle “esperienze di Cielo”, avere come un anticipo o un “pregustamento” del Cielo, un po’ come S. Bernardetta o i pastorelli di Fatima o come i tre apostoli privilegiati del Vangelo di oggi. Quando, dove e come? Quando viviamo a contatto intimo con Gesù nei Sacramenti, specie nell’Eucarestia dove egli è vivo e vero personalmente, e quando ci mettiamo a pregare con tutto il cuore. Nella preghiera e nei Sacramenti, la realtà presente è la stessa che quella del Cielo, solo che è vissuta nella fede e non nella visione. Gesù, in effetti, si mostrò trasfigurato sul Tabor ai tre apostoli proprio mentre erano in preghiera.
E quest’ ultima verità è accennata anche, in qualche modo, dalle due preghiere che oggi facciamo all’inizio della Messa (la Colletta) e alla fine (Dopo la Comunione): “O Padre, che ci chiami ad ascoltare il tuo amato Figlio, nutri la nostra fede con la tua parola e purifica gli occhi del nostro spirito perché possiamo godere la visione della tua gloria” … ”Per la partecipazione ai tuoi gloriosi misteri ti rendiamo fervide grazie, Signore, perché a noi ancora pellegrini sulla terra fai pregustare i beni del Cielo”.
Padre Michele
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