Sia lodato Gesù Cristo! - In fondo ad un pozzo scuro scuro viveva una famiglia di ranocchi, triste in quel posto così brutto, fin quando un giorno volò su di loro una allodola e gli parlò che fuori c’era un mondo bello, fatto di sole, fatto di fiori, fatto d’amore. Si rallegrarono i ranocchi a questa idea, e alcuni subito cominciarono a credere alle parole dell’allodola e insistevano per andare in quel mondo di fuori. Ma sorsero dei ranocchi sapienti e filosofi: “Ma no, che dite?! … E’ un’invenzione, è un’illusione! L’allodola vuole forse dirci che con alcune migliorie, di luce, di cibo e di aria, questo nostro pozzo può diventare così un mondo bello come un paradiso”. Ma i ranocchi di prima continuavano a insistere: “No, esiste quel mondo! Quel paradiso bello di fuori!”. E non cedettero alle critiche contrarie, alle argomentazioni sottili dei ranocchi sapienti. E così finalmente si decisero a fare un salto fuori del pozzo e trovarono proprio come l’allodola aveva loro raccontato, il mondo bello pieno di sole, di fiori e di amore.
Cari fedeli, questa favola potrebbe forse farci capire meglio la pagina evangelica che abbiamo appena ascoltato. In quel pozzo brutto, buio e triste ci stavano gli ascoltatori del tempo di Gesù, ci stiamo noi e ci stanno tutti gli uomini, nella loro tristezza, nei loro peccati, nella loro disperazione, nel mondo angusto, chiuso nell’orizzonte di questa terra. C’è poi un’allodola che vola su di noi; questa allodola ha un nome, è una persona, è Gesù Cristo, il quale ci parla di un Paradiso, di realtà superiori, belle, che sono capaci di riempire il nostro cuore e di realizzarci appieno. Però - guarda un po’! - sorge sempre qualche sapiente, qualche filosofo, qualche voce contraria, qualche giudice pieno di pregiudizi che scoraggia e che critica. Ma beati quelli che sanno resistere alle tentazioni e che sanno andare avanti per la loro strada! Saranno veramente felici!
Riflettendo sulla pagina del santo Vangelo di oggi, vogliamo prendere i vari personaggi che appaiono: il cieco nato, gli altri (i vicini, gli spettatori), poi i Farisei, e infine lo stesso nostro Signore Gesù Cristo. Essi si trovano tra di loro a discutere, a rispondere, a parlare, a controbattere, ad argomentare. Si trovano tutti a dare un giudizio su un fatto di cronaca clamoroso che si è verificato, la guarigione di quel cieco nato. Potremmo definire, dunque, questa pagina con l’espressione “giudici a confronto”.
I primi giudici, i vicini, spettatori del fatto, sono, in realtà, spinti più dalla curiosità a “sparare” una sentenza. Non è che gli importa molto il fatto del cieco. Non gli importava né prima e né dopo. Sì, magari, prima a quel cieco facevano anche talvolta l’elemosina, ma non scendevano più in profondità: al fatto che anche egli era una persona, era un fratello, affetto da handicap. Ma essi ci facevano poco caso. Ora che è guarito in maniera inspiegabile, prodigiosa, ugualmente non vanno alla sostanza del problema ma si mettono semplicemente a discutere, hanno un argomento in più di cui parlare: è lui, non è lui, gli assomiglia … E poi, quando il cieco dice: “Sono proprio io!”, il Vangelo non ci riporta alcuna altra frase di questi giudici superficiali e indifferenti, come per esempio: “Sei proprio tu ?! … Ma chi è che ti ha guarito?! … E lui come ha fatto a guarirti?! … Ma allora è una persona eccezionale costui, è uno inviato da Dio! E noi li facciamo i conti con Dio? Ci abbiamo mai pensato a Dio? …”. Ecco qualcosa del genere e tante altre domande molto più profonde. Invece essi si accontentano di un giudizio superficiale: il giudizio della gente comune, il giudizio degli indifferenti, il giudizio … dei mass-media: ecco i primi giudici!
Poi ci sono i Farisei. Diamine! Essi sono giudici per autorità, per mestiere, dovremmo dire, giudici specialisti, o specializzati. Essi sono chiamati a ciò, essi devono giudicare. Ma mai giudici furono più pieni di pregiudizi, come loro! Un giudice non deve avere pregiudizi; diversamente, la sentenza è già risolta prima di essere messa sul tappeto, sul tavolo, a discussione. Purtroppo i Farisei erano pieni di pregiudizi contro quel Gesù, semplicemente per loro convinzione personale: la Legge, il Sabato, le altre prescrizioni, da osservare in maniera perfettissima, minuta, esterna, da cui non si scappava, a cui anche Domine-Iddio autore della Legge doveva in qualche modo sottostare! La Legge poi interpretata e spiegata da essi in un certo modo, con tante e tante tradizioni umane. Ecco i pregiudizi, che impedivano loro di esprimere un parere giusto, perfetto su un fatto clamoroso verificatosi sotto gli occhi di tutti, la guarigione di quel cieco nato. E così essi “sparano” un giudizio negativo anche di fronte all’evidenza, di fronte alla testimonianza dello stesso interessato: “Io sono stato guarito! Non ci vedevo, ed ora ci vedo! Ed è stato proprio lui!”. Non si importano di nulla! Scavalcano un fatto evidente, ne scavalcano un altro, e un altro ancora, perché non riescono a svincolarsi dai loro pregiudizi. Un’altra volta poi, tra un po', i Farisei saranno chiamati ancora a dare un giudizio su Gesù Cristo, quando egli comparve dinanzi ai loro tribunali. E anche allora, presi e irretiti dai loro pensieri umani, sbagliarono prendendo una grossa cantonata. Accusarono Gesù come un malfattore, lo giustiziarono e lo crocifissero. Eppure, egli era innocente, l’Agnello innocente che prendeva su di sé i peccati di tutti gli uomini!
E c’è poi il cieco nato: anche egli è giudice, è giudice di se stesso, del fatto che gli è accaduto. E testimonia la verità: “Non ci vedevo, e adesso ci vedo!”. Non può sbagliarsi, è un fatto capitato a lui in prima persona! Egli dà un giudizio giusto, dà un giudizio vero!
E infine c’è nostro Signore Gesù Cristo, dovremmo dire “un super-giudice”, il quale giudica tutti, senza poter essere giudicato da alcuno, semplicemente perché egli è Dio, è il Figlio di Dio fatto uomo. Gesù Cristo boccia il giudizio dei vicini, che sono indifferenti; e boccia il giudizio dei Farisei che sono prevenuti; e approva invece quello del cieco: “Sì tu sei stato proprio guarito! E non per potenza umana, ma per potenza divina, soprannaturale. Hai fatto già una buona strada in questo senso! Hai detto di fronte ai Farisei che io sono un profeta. Hai anche insistito affermando che sono un profeta e che ti ho guarito. Bene, bravo, sette più! E, se pure ti hanno cacciato fuori dalla loro sinagoga perché non ti potevano più sopportare, tu hai continuato a dire che eri stato guarito e miracolato da me, da me profeta. Mi fa veramente piacere! Sei già giunto ad un punto molto alto, ti sei reso disponibile alla Grazia, al miracolo, al segno portentoso che io ho operato in te! Senti, se mi dai la mano, io ti faccio fare un ultimo passo, un ultimo salto, il più importante al quale erano destinati tutti i passi precedenti che tu hai già fatto, anche il miracolo materiale che ti ho compiuto! Lo vuoi?! … Tu credi nel Messia, nel Salvatore dell’umanità?! …”. E il cieco: “Io ci voglio credere, io sono disposto a crederci, ma chi è?! …”. - “Sono proprio io che ti sto parlando!”. - “Io credo, Signore!” disse subito il cieco nato guarito, e gli si prostrò innanzi, in segno di venerazione e di adorazione.
Abbiamo detto che questa pagina evangelica si può definire con l’espressione “giudici a confronto”. E adesso facciamo l’applicazione a noi, un’applicazione breve ma significativa e speriamo concreta.
Riguardo alle cose umane, che si verificano sotto i nostri occhi - un fatto, un altro, un avvenimento, una persona, più persone … - tante volte siamo chiamati a giudicare. Ci interrogano, oppure noi spontaneamente esprimiamo un parere. Orbene, stiamo molto attenti, siamo prudenti; specialmente qui vale il proverbio: “La prudenza non è mai troppa!”. Particolarmente nel giudicare le intenzioni, particolarmente nel giudicare la mente, la coscienza, il cuore, l’anima di un fratello. Siamo prudenti nei nostri giudizi umani!
Ma poi tutti noi nella vita siamo chiamati a dare ancora un altro giudizio, su cose soprannaturali: siamo giudici di Dio, di calamità, di fatti strepitosi che si verificano nella nostra storia, i fatti divini. Dico: siamo chiamati a dare un giudizio sullo stesso Dio, Creatore e Signore del cielo e della terra, nostro Salvatore, nostro Redentore e nostro Paradiso! Tutti quanti siamo chiamati a dare un giudizio su di lui.
Tutti quanti, più o meno, nel corso della nostra esistenza, siamo spettatori di fatti clamorosi, di fatti inspiegabili, almeno di qualche fatto prodigioso e portentoso che si è verificato sotto i nostri occhi, o di cui altri ci hanno dato testimonianza. Tutti quanti ci imbattiamo nei cristiani, nella Chiesa, nei miracoli, nei santi: insomma, un segno del soprannaturale che irrompe nella nostra storia umana.
E spesso questi eventi di un altro mondo - questa allodola che ci parla di un mondo di fuori , pieno di sole, di fiori e di amore - rompono i nostri schemi normali e abituali. Si crea un poco di subbuglio, di insubordinazione, perché essi non rientrano nelle nostre categorie: “Ma come è possibile? Perché Dio agisce in questo modo e non in quest’altro?! … Io riterrei meglio che avesse fatto così! E se Dio c’è, perché poi il male, perché poi le guerre, perché poi le malattie, i terremoti, le pestilenze?! …”. E tante e tante altre obiezioni di noi, ranocchi sapienti, o di noi giudici prevenuti con tanti pregiudizi. Addirittura siamo chiamati a dare un giudizio su Dio e sul suo operato. Ora, se già per le persone umane, dobbiamo essere prudenti e vigilanti, quanto di più dobbiamo esserlo nel giudicare il Signore Dio che ci ha creati! Egli non può non rompere i nostri schermi! Nella Prima Lettura di oggi ci viene insegnato appunto questo concetto. Iesse presenta a Samuele i suoi figli, robusti, giovani, forti, avvenenti, che tenevano tutte le caratteristiche buone, umane … Sarà uno di costoro il prescelto re! Invece, era l’ultimo, il più piccolo, Davide che stava a pascolare nei campi. Suo papà neanche ci pensava a lui! Il Signore dice a Samuele: “Non farti ingannare, perché io guardo il cuore, non le apparenze!”. Insomma, molto spesso Dio ha altri pensieri che non sono i nostri; ha altre vie che non sono le nostre vie! Accettiamo con riconoscenza così come egli si è presentato a noi storicamente parlando, due mila anni fa, in Gesù, il Figlio di Dio incarnato. E così come continua a presentarsi oggi nella Chiesa, che è la sua continuazione nello spazio e nel tempo.
Cari fratelli e sorelle, viviamo in questa fede e anche noi, come il cieco nato e come quei ranocchi, potremo fare il salto nel mondo di fuori, il mondo bello, pieno di sole, di fiori e di amore!
Padre Michele Iorio
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