Un giorno S. Teresa d’Avila, stando in preghiera, chiese a Dio, per ordine del suo confessore, che gli manifestasse la sua volontà, e allora Dio le rispose: “Voglio che la tua conversazione sia con gli angeli!”. Fu un’espressione che la folgorò e che segnò per lei l’inizio di una vita nuova, tutta santa, tutta dedita alle cose celesti, staccandosi dai vecchi legami terreni che ancora la trattenevano. Da allora, man mano, progredì sempre di più spiritualmente, collaborando con la Grazia di Dio; e fece uno splendido cammino che la porterà alle vette della perfezione, e che la farà diventare anche per tanti altri maestra di vita spirituale e di vita di orazione.
Orbene, cari fratelli e sorelle, questa è la volontà di Dio non solo per S. Teresa o per gli altri come lei ma anche per tutti quanti noi: cioè, iniziare e continuare, fino allo sviluppo completo, un cammino spirituale che ci porti alla più grande santità. Oggi voglio meditare, insieme a voi, proprio su questo argomento tanto importante, facendo riferimento in particolare alla figura di S. Giovanni il Battista, che appare nel santo Vangelo di questa domenica come un po’ in tutto questo tempo di Avvento che ci prepara al Natale. E’ lo stesso nostro Signore che fa le presentazioni ufficiali e pubbliche di questo personaggio unico, Giovanni il Battista. E dunque tale presentazione non può che essere vera, perfetta e centrata. Orbene, Gesù dice che Giovanni Battista non è “una canna sbattuta dal vento e non è un uomo avvolto in morbide vesti”, i quali uomini, così vestiti, stanno nei palazzi dei re. Dunque, Gesù dà anzitutto una definizione negativa, vale a dire ciò che Giovanni Battista non era: né una canna sbattuta dal vento e né un uomo avvolto in morbide vesti. Sono delle immagini per dire - se posso esprimermi sinteticamente così - che S. Giovanni Battista non era un “uomo carnale”, materiale, terreno, esteriore; perché chi veste morbidamente e lussuosamente, chi banchetta sontuosamente - pensate al ricco epulone - costui e costoro sono appunto uomini carnali, e in quanto tali, sono anche come delle canne sbattute dal vento. Nel senso che non sono stabili ma variano continuamente secondo le “alterne vicende delle umane sorti”. Cioè: se oggi hanno i soldi e occupano un’ottima posizione, allora essi sono alle stelle con la testa e col cuore. Se invece domani, per un rovescio di fortuna, cadono in miseria; o se più nessuno li considera, allora finiscono come “nella stalla” per la loro tristezza e disperazione. Insomma, sono appunto come una canna sbattuta dal vento. Perché? Perché la loro sicurezza e gioia, la loro cosiddetta realizzazione non è fondata sulla roccia ma piuttosto sulla sabbia. Tutta la casa della loro vita è fondata sulla sabbia, e allora sono instabili in se stessi. Orbene, S. Giovanni Battista non apparteneva a questa categoria di persone, non era un “uomo carnale”. Sappiamo infatti che nel deserto S. Giovanni Battista faceva una vita assai dura e impegnata, una vita appunto molto spirituale, tutta dedita alla preghiera e alla penitenza.
E poi, Gesù Cristo, continuando le presentazioni ufficiali di Giovanni Battista, dopo aver detto ciò che non è, ossia che non è un “uomo carnale”, dice invece quello che è, ossia: “E’ un profeta, anzi - aggiunge - ben più che un profeta, il più grande tra tutti i profeti”, perché ha un ruolo unico, non concesso a nessun altro, il ruolo di precursore e di battistrada: preparare la via al Messia, al Salvatore.
Ma io mi domando, cari fedeli: come Giovanni Battista avrebbe potuto preparare la via, avrebbe potuto svolgere bene il compito ricevuto, la sua missione di precursore; come avrebbe potuto preparare negli altri e nella storia la strada a Gesù-Messia, se non avesse preparato questa strada anzitutto dentro di sé, nel suo cuore, nella sua anima, nella sua vita interiore? S. Giovanni Battista - ho già detto - non era un “uomo carnale” ma al contrario era un “uomo spirituale”, uno cioè che si lasciava guidare dallo Spirito. E per questo Spirito che lo guidava, egli era forte in sé e nelle condizioni esterne, e non fluttabile come una canna sbattuta dal vento. Non aveva peli sulla lingua quando si trattava di dire “pane al pane e vino al vino”, anche di fronte ai grandi di allora, come i Farisei ecc …, e anche di fronte ad Erode, quando si trattò di dirgli che era in peccato mortale, perché viveva in adulterio. E per questa verità, proclamata con fermezza - come ben sappiamo - diede la vita e il sangue. Ecco la grandezza degli uomini spirituali!
Cari fedeli, possiamo anche dire che il mistero del Natale, cioè l’Incarnazione del Figlio di Dio, si concentra tutto in questo discorso. Cioè: perché Dio si è fatto uomo? Perché è nato “in una grotta al freddo e al gelo”? Perché ha parlato e ha fatto quello che ha detto e che ha operato? E poi soprattutto perché ha patito ed è morto ed è risorto? Perché?! … Affinché noi non fossimo più uomini carnali, materiali, terreni, ma fossimo piuttosto uomini spirituali, divini, celesti e interiori: vivessimo come figli adottivi di Dio. Orbene, alcuni o molti, ieri, oggi e sempre, hanno accolto e messo in pratica questo messaggio e questa sfida, come S. Teresa di cui dicevo all’inizio e come tanti altri, corrispondendo così al progetto di Dio, e si sono trasformati di giorno in giorno in “creature nuove”, per usare un’espressione cara a S. Paolo. Altri invece, ahimè, sono stati sordi, oppure hanno cominciato a farlo e poi hanno interrotto, sono venuti meno e sono indietreggiati. E alla fine, non si sono sollevati dalla loro polvere e dal loro fango. Vorrei dire - per ricordare una bella canzone religiosa - che tutti gli esseri dell’universo sono chiamati a volare: non solo la rondine in cielo, ma anche una spiga di grano, anche una stella e così via ... E soprattutto l’uomo è chiamato a “fare il suo volo”. “Quello che siamo - dice sempre questa canzone - ha il suo nido nel cielo”, ma pochi vogliono fare questo volo e preferiscono restare attaccati al suolo. Ecco: siamo nati per volare, siamo nati per essere uomini spirituali, come S. Teresa, come S. Giovanni Battista e come tutti i santi.
Questa è la grazia che ci viene dall’Incarnazione del Figlio di Dio, è la grazia del suo Natale e degli altri misteri della vita di Gesù, specialmente della sua Passione, Morte e Risurrezione; grazia che viene comunicata a noi in maniera particolare, come ben sappiamo, nei santi Sacramenti, a cominciare dal primo che è il Battesimo. Il Battesimo è - per esprimermi così - come il colpo di pistola che segna l’inizio della gara, di questa gara della vita che è appunto una corsa o un volo. In quel momento, allorché siano stati battezzati, è cominciata questa magnifica avventura per diventare, di giorno in giorno sempre di più, creature nuove, uomini spirituali, uomini celesti. In quel giorno ci furono date tutte le condizioni e tutti i mezzi, tutto ciò che ci occorre - fede, speranza, carità, le virtù infuse, i doni dello Spirito Santo … - affinché noi, esercitando e realizzando queste potenze, utilizzando tutti questi mezzi, potessimo tentare lo splendido volo che ci porta alla meta del cielo e della salvezza eterna. È possibile?! … Certo che è possibile: lo hanno fatto gli altri! Lo stanno facendo tanti altri in questo istante che vi parlo; perché non possiamo farlo anche noi, io e te?!... È la volontà di Dio! Come disse il Signore a Santa Teresa: “La tua conversazione sia con gli angeli”; o - come diceva S. Paolo - la volontà di Dio è “la vostra santificazione” e ancora “la nostra conversazione è nei Cieli”. È vero che stiamo sulla terra e che viviamo immersi nella storia, negli elementi che ci circondano, ma è anche vero che questa non è la patria definitiva ma soltanto la dimora provvisoria. La nostra meta definitiva è un’altra: lassù in Cielo!
In conclusione, allora, il messaggio che mi piace dare a tutti, in questa III Domenica di Avvento, è il seguente: sforziamoci di essere uomini spirituali, sforziamoci di far fruttificare il germe messo nell’anima nostra nel giorno del Battesimo, perché quel germe è destinato a spuntare, a crescere, a fiorire, a portare frutti di eternità. Quella immessa dentro di noi al Battesimo è un’autentica vita, e la vita, se non si sviluppa e se non è coltivata, prima o poi deperisce e muore.
Domandiamoci: la vita mia, la vita della mia anima, quella vita del mio Battesimo, la vita spirituale a che punto sta? È possibile tastare il polso, per vedere dove sono arrivato, che sto facendo? Perché se, ahimè, io mi lasciassi in realtà condurre dalle cose, dalle morbide vesti, e così via … - e oggi gli allettamenti e i diversivi, e le sirene lusinghiere sono aumentate - anch’io sarei un “uomo carnale” e una “canna sbattuta dal vento”, mentre il Signore vuole fare di me una fortezza, una roccia stabile e sicura contro tutti gli assalti della carne, del mondo e del demonio.
Cari fedeli, l’altro messaggio delle Letture di oggi e di questa III Domenica di Avvento - che viene chiamata “gaudete” - latino che significa “godete” - è un invito, anzi un comando: quello della gioia. “Rallegratevi, si rallegrino”: più volte è ripetuta oggi quest’espressione o altre simili. Ma, per collegarmi col discorso fatto fin qui, io mi domando: Quale gioia?! Dove la gioia? Come la gioia? Quella che si carpisce nelle morbide vesti e nei sontuosi banchetti?! … È degna di questo nome una simile gioia, che oggi c’è e domani non più?! … Che è presente fin quando sono sicure le morbide vesti e i sontuosi banchetti? Assolutamente no! La vera gioia - imperitura, stabile, piena, quella che Dio vuole darci - è quella che viene dal Vangelo di Gesù, ascoltato, praticato e annunciato agli altri, come ci dice Papa Francesco nella sua Esortazione Apostolica “Evangelium Gaudii”. E’ la gioia legata appunto all’uomo interiore e alla vita spirituale, perché è una gioia saldamente fondata, una gioia che comincia qui sulla terra e che avrà la sua pienezza lassù, nel Regno dei Cieli. E così sia!
Sia lodato Gesù Cristo!
padre Michele Iorio
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