Cari fratelli e sorelle, andando in giro per il mondo e avendo contatti con la gente - come capita a tutti quanti noi ogni giorno -, quando ci incontriamo con persone completamente immerse negli affari e nelle cose e nelle occupazioni di questo mondo, e dimentiche del tutto del Regno dei Cieli e della vita eterna, del Signore e dell’anima loro, cioè di questi valori tanto più importanti, se noi veramente amiamo Dio, non possiamo non sentire come una stretta al cuore, e ci chiediamo, meravigliati e angosciati: ma è mai possibile che la vita di un uomo debba spendersi e spandersi così, senza senso, senza valore, senza significato?! … Ed è purtroppo questo il caso di tanta gente, di troppa gente! Ma poi, quasi istintivamente, ci facciamo come un esame di coscienza, e guardiamo all’interno di noi stessi, alla nostra stessa vita, e una voce ci dice: “Ma vedi che anche tu, che dici di credere in Dio, in realtà non vivi ogni giorno in tutte le circostanze veramente secondo questa fede”.
La fede, fratelli miei, è il tesoro più grande, è la cosa più preziosa. E Il cammino di fede è la cosa più impegnativa, ma è anche la cosa più necessaria che dobbiamo fare noi tutti su questa terra. Tutta la nostra esistenza, possiamo dire, è un cammino di fede.
E della fede io vorrei oggi parlarvi e su di essa riflettere. Perché a ciò siamo sollecitati dalla Liturgia della Parola.
La Prima Lettura, infatti, ci presenta il padre Abramo, grande nella fede, il capostipite di tutti i credenti. Il Signore gli parla e gli da un comando: “Esci dalla tua gente, e va verso il paese che io ti indicherò! Ho un progetto grande su di te. Sei disposto ad obbedire?”. - “Ma certo! - rispose Abramo -. Lo faccio con tutto il cuore, anche se mi costa molto!”. E Abramo partì “senza sapere dove andava, e questo gli fu accreditato a giustizia”. Egli fu grande nella fede.
Della fede ci parla anche San Paolo nella Seconda Lettura, allorché dice: “Io mi do da fare per diffondere la fede, per predicare il Vangelo, e tu Timoteo, mio discepolo, aiutami! Impegnati anche tu con tutte le forze, per diffondere questa fede in Gesù Cristo, Messia e Salvatore nostro, colui che ci ha dato e ci da la Grazia e la santificazione”.
Della fede infine, possiamo ben dire, ci parla anche il brano evangelico con l’episodio della Trasfigurazione di nostro Signore Gesù Cristo sul monte, dinanzi ai tre apostoli prediletti, Pietro, Giacomo e Giovanni, gli stessi che poi nell’orto degli ulivi saranno testimoni non più della sua gloria ma della sua ignominia, durante la sua Passione, durante il suo sudore di sangue, durante la sua prostrazione per terra, schiacciato dalle sofferenze e dal peso dei nostri peccati.
In che senso il brano evangelico ci parla della fede?! Perché ci rivela, ci fa vedere chi è quel personaggio, quel Gesù in cui noi crediamo, al quale aderiamo con tutto il nostro essere, sul quale abbiamo puntato e scommesso tutta la nostra vita, per il tempo e per l’eternità. Ci siamo completamente affidati a Gesù; abbiamo posto su di lui le nostre fondamenta, le fondamenta della casa della nostra esistenza: sono solide? Sono sicure? Abbiamo giocato bene? Questi talvolta sono i nostri interrogativi!
Orbene, il brano evangelico, con quest’episodio della Trasfigurazione, ci conferma nella fede: Sì, Gesù, se pur si mostra come un semplice uomo, in realtà non è tale; egli è proprio il Figlio di Dio, il Messia atteso. E la voce dal cielo che si fa udire ce lo conferma: “Questi è mio Figlio prediletto, ascoltatelo con la fede! obbeditegli con la vostra vita! Affidatevi a lui ed egli vi porterà alla salvezza!”.
Parliamo, dunque, della fede. La chiamata alla fede è universale, ossia è per tutti: per gli uomini di tutti i tempi e di tutti i luoghi. Il Signore parlando da Abramo disse: “Io chiamo te e benedico te e benedirò la tua posterità ma perché voglio in te chiamare poi tutte le genti e benedire tutti popoli”. Ecco il piano del Signore Dio.
La fede, la chiamata alla fede è come un seme che viene gettato nella terra, lo disse lo stesso nostro Signore Gesù Cristo quando raccontò la parabola del seminatore. Questo seme poi è destinato a nascere, a crescere, a svilupparsi, fino a diventare frutto, fino a diventare pane buono per chi ha fame. Ecco tutto il cammino della nostra fede, ma quanto è lungo! Quanta pazienza ci vuole, quanto lavoro e quanta cura!
Bisogna anzitutto ascoltare Dio che ci parla. Il Signore fa sentire la sua voce a tutti gli uomini, attraverso la natura e nella propria coscienza. Poi attraverso i predicatori del Vangelo, attraverso i missionari. Bisogna ascoltarlo, bisogna rendere l’orecchio attento alla sua voce, bisogna far tacere un poco le altre voci, le sollecitazioni della carne e del mondo. Perché, fratelli miei, è proprio questo l’ostacolo più grande fede: non tanto le difficoltà intellettuali e razionali, come talvolta si dice, ma piuttosto le passioni della vita, perché, abbandonarsi completamente a Dio e vivere secondo la fede, costa molto, costa tutto, è impegnativo, dovendo rinnegare se stessi e le proprie concupiscenze. E allora talvolta si dice, anche inconsapevolmente: “Non mi va, mi è scomodo, mi impegna troppo. Preferisco stare indisturbato nella mia poltrona”. Abramo avrebbe potuto preferire non partire: “Dove vai, Abramo? - diceva la tentazione e ripete la canzone. Uscire dalla tua gente, ma chi te lo fa fare? Qui tutti si conoscono; tu invece vai verso l’ignoto. Lasci il certo per l’incerto!”. Ecco la voce della natura e della carne, la tentazione che però non bisogna ascoltare.
Si parte dunque dall’ascolto della Parola di Dio. Poi c’è tutto un cammino. La fede non è come una illuminazione a pieno giorno; no, la fede è come una candela. Difatti, quando veniamo battezzati, nelle mani ci viene posta proprio una candela come segno della nostra fede. Cioè: la fede è “la luce che basta”, non tutta la luce, ma la luce che basta, la luce che è sufficiente per fare un passo, e poi un altro passo e poi un altro passo ancora. E qualche volta scompare anche questo piccolo barlume, e sono le prove della fede. Anche i magi che seguivano la stella - se ricordate - ad un certo punto non la videro più, e dovettero darsi da fare in altri modi per sapere quale tragitto percorrere. Andarono a chiedere, si informarono. Fu una prova per la loro fede.
C’è sempre una prova nella fede. Anche per il patriarca Abramo, il Signore gli aveva promesso: “Numerosa come la sabbia del mare e come le stelle del cielo sarà la tua posterità!” - “Sì, Signore, ti credo, mi affido a te!”. Ma poi il Signore gli parla di nuovo e gli dice: “Hai avuto un figlio, Isacco, l’unico figlio che hai? Bene, adesso sacrificalo a me!” - “Ma come, Signore?! Sei tu che me lo hai dato! Non potevo più avere figli! Tu me lo hai dato perché me lo avevi promesso! E adesso me lo chiedi?! … E le altre cose che mi hai detto? Come farò ad avere una posterità così numerosa?! …”. Abramo certamente si pose queste domande, poiché non era stupido, ma per il fatto che la fede era più grande della sua ragione, disse anche quella seconda volta: “Mi affido a te! Io so che tu, dopo morto, potrai anche risuscitarlo mio figlio, così come me lo hai dato quando non potevo averlo!”. Si abbandonò e stava per compiere quello che il Signore gli chiedeva. E poi sappiamo come andò a finire; ma quella fu una grande prova per la fede per Abramo.
C’è sempre una prova, vi ripeto, nella fede, o tante piccole prove. Forse possiamo confermarlo e testimoniarlo anche noi, fratelli miei! Ma intanto pensiamo agli apostoli, Pietro, Giacomo e Giovanni, e anche gli altri. Avevano lasciato tutto; quella volta San Pietro chiese a Gesù: “Signore, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito … - S. Pietro si fece i conti in tasca -; che cosa ne avremo, ci conviene?”. Il Signore gli fece la promessa: “Non ti preoccupare, Pietro! Hai lasciato quattro misere cose; io ti farò ricco … ricco sfondato, di qua e anche di là!”. Tutto sembrava bello, ma poi venne la prova della fede per gli apostoli; arrivò l’ora della Passione e della Morte, in cui nostro Signore non ebbe più neanche un volto umano: il più vile tra tutti i figli degli uomini, il più abietto, irriconoscibile, come un malfattore. A me oggi sembra bello raccontare la Passione, ricordarla, fare la via Crucis - e tutto è chiaro e splendente! - , ma gli apostoli che la vissero in prima persona si trovavano parecchio sconcertati. Difatti, uno lo tradì (Giuda), un secondo (Pietro) lo rinnegò per tre volte, e gli altri lo abbandonarono, come dice il Vangelo. Soltanto qualcuno (S. Giovanni) fu fedele sino alla fine.
La Passione di Gesù fu per loro la prova della fede, una grande prova. E nostro Signore, proprio in previsione di quella grande prova, volle, per così dire, dare loro una medicina in anticipo, in particolare a Pietro, Giacomo e Giovanni, con la sua Trasfigurazione sul monte Tabor, facendo vedere chi egli era veramente.
Fratelli miei, noi abbiamo la fede per Grazia di Dio! Ma stiamo corrispondendo giorno per giorno a questa fede? Ma sappiamo veramente chi è Gesù? Conosciamo i suoi Sacramenti, il suo Vangelo, la sua Chiesa, la sua Parola?! ... Dobbiamo sapere anzitutto che la fede è il tesoro più grande e più prezioso. Per cui, è meglio perdere la casa, i parenti, gli amici, le sostanze, le ricchezze, l’onore, la reputazione; perdiamo anche la pelle e la vita, com’è stato per i martiri, ma difendiamo la fede, e difendiamola a denti stretti, specialmente oggi.
In secondo luogo, poiché non ci interessa soltanto la nostra salvezza, ma anche quella dei nostri fratelli, facciamo qualcosa perché questa luce della fede illumini attorno a noi le altre persone, cominciando da quelli di casa, da mio padre, da mia madre, da mio figlio, da mio nipote, dai miei amici, da mio nonno. Ecco … facciamo qualcosa per la fede, ascoltando l’esortazione odierna di San Paolo.
In conclusione, cari fratelli e sorelle, percorriamo con ardore e con perseveranza questo cammino di fede, superando tutte le prove. La vita della fede non è un andare comodi in macchina o in carrozza - come diceva San Filippo Neri - , ma è una fatica, è una scalata, è un impegno, è un andare ai piedi, è uno stancarsi, è un rialzarsi, è un guardare la meta, è un “vedere e non-vedere”. Questa è la fede! Ma comunque, ci sostenga sempre! E allora anche per noi il seme gettato nella nostra terra buona, produrrà i suoi frutti, sino alla fine, e sarà poi il premio e la ricompensa della fede al termine del pellegrinaggio terreno. Sarà la nostra Trasfigurazione nell’aldilà insieme a Gesù Cristo, quando potremo dire davvero, come San Pietro: “Signore, è bello per noi restare qui! Ormai staremo con te per sempre!”. Amen!
Sia lodato Gesù Cristo!
Padre Michele Iorio
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