Don Fabiano è nato il 6 novembre 1977 da mamma Carolina e papà Sergio, che lo hanno accolto con tanta gioia e tanto amore e dopo di lui arrivavano Alessio ed Elena ad allietare la loro bella famiglia. Ha frequentato le classi elementari e medie ad Erbezzo, suo paese natale, che sempre ha amato e ha sentito come la sua casa e per lui che amava girare il mondo, la sua, vorremmo definirla, patria. A 14 anni matura la scelta di entrare in seminario per frequentare il ginnasio e il liceo che affronta brillantemente. Dopo i cinque anni del seminario minore decide di passare al seminario maggiore per frequentare la teologia.

“Ciao curato! Come stai?” – me lo hai chiesto anche l’ultima volta che ci siamo incontrati, domenica 25 novembre. Io ero in sacrestia, non ricordo più se prima o dopo la Messa delle 8.30. Tu, come sempre, sei entrato sgargiante e allegro. Tra noi c’era sempre la gara quando ci si incontrava a chi salutava per primo ed entrambi usavamo lo stesso saluto: “Ciao curato! Come stai?”.


Io ti dicevo che eri tu ora il mio curato e tu, in modo scherzoso, dicevi che per te lo ero ancora io. Ci siamo regalati del tempo in quella occasione facendo colazione assieme tra una Messa e l’altra: avevamo tante cose da raccontarci e ogni volta il tempo non bastava mai. Eri entusiasta dell’esperienza di Bussolengo, della gente, del parroco, delle mille attività. Tu mi aggiornavi di tante belle cose ed io ti raccontavo della mia vita in Seminario. Poi ognuno per la sua strada: io in confessionale e tu in chiesa a celebrare. Ad un certo punto non avevo più nessuno da confessare. Così ho aperto bene la porta del confessionale e, in quel momento, sento che aggiungi una preghiera dei fedeli, che per me oggi risuona come il tuo testamento: “Cara comunità di Bussolengo, due anni fa, come oggi, nella solennità odierna di Cristo Re venivo ordinato prete nel duomo di Villafranca. Don Giorgio, nel farmi gli auguri quando ho celebrato la mia prima Messa qui a Bussolengo, mi ha augurato di essere un buon prete. Vi chiedo di accompagnarmi con la vostra preghiera ed amicizia perché io possa essere davvero un buon prete in mezzo a voi!”. Ricordo che nel mio cuore si è elevata immediatamente a Dio una preghiera: “Grazie Gesù: don Fabiano è un buon prete”.


La mattina del 12 dicembre, appena saputo che avevi concluso così rapidamente il tuo Santo Viaggio, sono partito di corsa dal Seminario e sono salito ad Erbezzo. Per strada non riuscivo a dir niente. Volevo pregare, mi sembrava la cosa più giusta da fare in quel momento, ma mi accorsi che non riuscivo a dire neanche un’Ave Maria. Entrato in casa tua e nella tua cameretta ti rivedo in pace, raggiante come sempre. Non mi sembra vero: ancora una volta non riesco a dir nulla, né a te, né tanto meno ai tuoi. Mi sento impotente e disorientato, confuso. Riesco ad un certo punto a dire solo una preghiera; la stessa che avevo fatto due settimane fa ascoltandoti in chiesa a Bussolengo: “Grazie Gesù, don Fabiano è stato un buon prete”. E poi il nostro saluto: “Ciao curato, come stai?”


Sì, carissimo don Fabiano, sei stato un buon prete anche per me, non solo per la nostra gente di Bussolengo (… e scusami se dico “nostra” perché sai benissimo che la gente che ami la senti per sempre “tua”). Per me sei stato una grande dono, un dono di Dio. Da sempre. Da quando ti ho conosciuto ancora nel ’97 quando io ero appena entrato in Seminario in Casa San Giovanni Battista a 19 anni e tu iniziavi la prima delle tue molte esperienze fuori dal Seminario. Non ti si poteva resistere. Il tuo sorriso e la tua giovialità conquistava anche i sassi! E così da allora è iniziata una amicizia bella, profonda, forse fatta non di tanti momenti trascorsi assieme, ma da esperienze vissute sempre in modo molto intenso. Vorrei osare e dire: i nostri erano “momenti vissuti in Dio”. Era così il nostro modo di incontrarci, fino a quando c’è stata quella forte esperienza che abbiamo vissuto assieme a Castel Gandolfo durante le vacanze di Natale di qualche anno fa. Eravamo assieme a tanti altri seminaristi provenienti da tutto il mondo e, per la prima volta, ci siamo dichiarati la disponibilità a “dare la vita” l’uno per l’altro, in un patto che voleva svuotarci del nostro egoismo e lasciarci riempire solo dall’Amore di Dio. Volevamo far sì che anche noi potessimo amare come Lui, nella sua stessa misura; di un amore che ama fino al dono della vita. Tu, carissimo, la vita l’hai veramente data. Non solo per la gente. Ma anche per me!


Ricordo ancora quel giorno; don Giorgio mi chiama: “Ha telefonato il rettore del Seminario. Ha chiesto se siamo disposti ad accogliere un seminarista, un certo Fabiano, per un periodo di tempo. Condividerebbe la nostra vita e continuerebbe così il suo cammino di discernimento vocazionale. Lo conosci?”. Immediatamente chiedo: “El Fofa?” Non mi sembrava vero! Dopo il mio primo anno a Bussolengo con don Lucio, altri due con don Elvis, ora avevo la possibilità di vivere ancora una volta la vita di canonica a tre, per il mio quarto anno. E questa volta proprio con te: finalmente avevamo la possibilità non solo di rafforzare la nostra amicizia, ma di condividere la vita vera, la quotidianità. Al mio fianco, dopo un vero padre (don Giorgio), un altro vero fratello. Che bella la nostra famiglia!
Mi sentivo un privilegiato: cosa avevo fatto io per meritarmi una famiglia in canonica così bella?


Perché questo eravamo prima di tutto: una famiglia. Tu eri per me un vero fratello maggiore: sì, anche se io ero il curato e tu il seminarista, da te ho imparato tante cose. L’ansia che avevi per il Vangelo, il tuo desiderio sincero di non fermarti, di voler arrivare a tutti, di non arrenderti davanti alle difficoltà, di studiarle veramente tutte per poter far innamorare i nostri giovani e adolescenti di Gesù, la tua passione per il mondo, la tua sete di Dio e il tuo continuo ritornello: “A me interessa solo fare la volontà di Dio”.
Ti vedevo, come dire, che andavi via sempre con il piede appoggiato fino in fondo sull’acceleratore, senza alcun ritegno, sciolto da tante paure o calcoli. Mentre io andavo spesso con il freno a mano tirato, forse per la mia mentalità “da ragioniere”. Quanto ho imparato da te! Pian piano mi hai insegnato a mollare quel freno a mano che mi bloccava, senza tanti discorsi: da una parte mi bastava solo vederti e, dall’altra, mi bastava ascoltare la nostra gente sempre più contenta del tuo stile, del tuo modo di essere prete.


In questi giorni continuamente ti penso: “Ciao curato! Come stai?”. Mi immagino la tua risposta: “Sto benissimo, qui è una cosa bellissima, qui si vive con Dio da risorti, come faccio a spiegarti?”
Grazie don Fabiano, con te ringrazio Dio per averti messo sul mio cammino. Umanamente lasci un grande vuoto nella mia vita: per me eri più che un fratello. Ma so per certo che ora sei con Dio: quel Dio che hai scelto come unico ideale della tua vita e per il quale hai vissuto e dato tutto. Quel Dio che non delude e non deluderà. Quel Dio per il quale vale sempre la pena vivere e che si trova unicamente amando il fratello che Lui ti mette accanto nell’attimo presente. Quel Dio che è il nostro unico Bene davanti al quale rinnovo, seppur tra qualche lacrima, la mia totale consacrazione, il mio sì. Quel Dio che, anche in tutto questo, anche se non capisco so di certo che è e resta solo Amore. E allora con serenità faccio mie le parole di Sant’Agostino: “Non ti chiediamo, Signore, perché ce lo hai tolto, ti ringraziamo per avercelo donato e per tutto il tempo che ce l’hai lasciato”.
“Ciao curato! Ci rivedremo in Dio. Ad-Dio Fofa!”.

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