Di Padre Michele Iorio - XIV DOMENICA TO-A Sia lodato Gesù Cristo! Una volta Frate Masseo si avvicinò al Serafico Padre San Francesco e gli chiese: “Perché, Padre, a te? Perché, Padre, a te?”. E San Francesco: “Che cosa vuoi dire, Frate Masseo?”. - “Dico: perché, Padre, a te tutto il mondo viene dietro? Eppure, non sei bello; non sei grande, non sei forte, non sei potente; ma ciononostante tutti quanti ti vogliono, ti cercano, ti seguono. Perché?! … “. E San Francesco: “Sai, il Signore ha guardato dal cielo sulla terra, e tra tutti i peccatori non ne ha trovato uno più grande di me. E allora ha voluto scegliere me per operare cose grandiose allo scopo di confondere i forti e i sapienti e gli intelligenti di questo mondo”. E allora Frate Masseo comprese che veramente il Serafico Padre San Francesco era radicato nella virtù dell’umiltà. Leggiamo questo episodio nel libro dei Fioretti. Cari fratelli e sorelle, dicono i santi che la virtù dell’umiltà è il fondamento della vita spirituale. Cioè, se manca l’umiltà, è come una casa senza fondamenta, per quanto possa essere grande, alta e bella. Prima o poi, andrà giù. E il Santo Curato d’Ars usa quest’altra immagine riguardo all’umiltà. Dice: “Immaginiamo che la vita spirituale sia, per esempio, come una corona con tanti grani; se si spezza il filo, tutti i grani vanno di qua e di là e si disperdono. Questo filo che tiene legate le varie virtù è appunto l’umiltà”. Del resto, Nostro Signore Gesù Cristo, più volte e in tanti modi nel Vangelo, ci ha fatto comprendere quanto egli gradisse l’umiltà e quanto la esigesse dai suoi seguaci. Anche nel Vangelo di oggi ha detto di se stesso: “Imparate da me che sono mite e umile di cuore”. Egli era ed è il Figlio di Dio fatto uomo, egli che era ed è il Signore e Maestro onnipotente; eppure “Io - disse - sto in mezzo a voi come colui che serve”, come l’ultimo di tutti, potremmo dire. E Nostro Signore è stato l’ultimo di tutti dall’inizio alla fine, dal momento che è nato su questa terra fino al momento in cui è spirato tra due ladroni sulla croce, anzi soprattutto allora fu il più vile e il più disprezzato degli uomini: “Imparate da me!”. Ma gli apostoli facevano difficoltà a comprendere questo insegnamento di Nostro Signore, così come abbiamo difficoltà noi, perché essi volevano essere grandi e potenti. Anche tra loro, tra loro dodici, ognuno voleva essere più grande degli altri. Quella volta Giacomo e Giovanni si avvicinarono a Gesù per chiedergli di poter occupare i primi posti, il posto alla destra e alla sinistra di Gesù nel suo regno. E può darsi che pensavano non al Regno dei Cieli ma ad un regno su questa terra. E Gesù disse: “Avete compreso male”. Ma poi gli altri apostoli si sdegnarono con loro due perché avevano avuto l’ardire di chiedere quel privilegio, segno che anche essi volevano la stessa cosa e che nessuno era ancora radicato nell’umiltà. Ma Gesù li rimproverò tutti. Come li rimproverò quell’altra volta quando chiese: “Di che cosa stavate discutendo lungo una via?”. Ed essi non avevano il coraggio di confessare che lungo il cammino avevano discusso, discusso con ragionamenti, con prove ecc ecc … chi tra di loro fosse il più grande. E Gesù disse: “Ma che cosa pensate, di che cosa discutete? Chi tra di voi vuole essere il primo sia l’ultimo e il servo di tutti, appunto come me che sto in mezzo a voi come colui che serve”. E l’insegnamento dell’umiltà fu tra gli ultimi che diede Nostro Signore prima di lasciare questa terra. Se ricordate, nell’Ultima Cena, il Giovedì Santo, Gesù si alzò da tavola e fece un gesto, che ai tempi di Gesù normalmente facevano gli schiavi, cioè lavò i piedi agli apostoli e poi disse: “Se così ho fatto io, dovete fare altrettanto anche voi”. L’umiltà! “Chi si umilia, perché sarà esaltato; chi invece si esalta sarà umiliato!”, anche questa è frase di Nostro Signore. Così invece dice S. Pietro, il quale evidentemente più tardi comprese e mise in pratica la lezione: “Dio resiste ai superbi, ma dà la grazia agli umili” (1 Pt 5,5). Dunque, al Signore piace veramente molto questa virtù dell’umiltà, la quale, più che essere una virtù, come già abbiamo affermato, è la virtù delle virtù (come la superbia è il vizio dei vizi), è il fondamento, la condizione indispensabile per fare qualunque passo per quanto piccolo incontro al Signore. Infatti, bisogna essere umili già per accettare il Signore e noi stessi. Comprendete dunque che l’umiltà - come è stato giustamente scritto - è verità. Bisogna essere nella verità per riconoscere chi è il Signore e per riconoscere chi siamo noi. San Francesco, tra le altre preghiere, spesso faceva questa: “O Signore, che io conosca te e che io conosca me! Chi sei tu, chi sono io”. E quell’altra volta, per tutta la notte, disse: “Mio Signore e mio Dio! Mio Dio e mio tutto!”. Aveva compreso che il Signore era il tutto ed egli il nulla. Ma questo tutto è andato incontro al nulla che siamo noi, e ci ha amati e ci ha redenti, e continua ad amarci e continua a volerci redimere. Però noi dobbiamo essere disponibili dentro al cuore, dobbiamo essere umili, dobbiamo essere semplici, dobbiamo saperci fidare di lui e affidarci a lui, avere fede nelle sue parole e ancora di più nella sua persona. Ecco perché Nostro Signore disse: “Lasciate che i bambini vengano a me. Chi vuole entrare nel Regno dei cieli, cioè nel Regno che io sono venuto a predicare e a portare, deve diventare come uno di loro, cioè come un bambino, un bambino nell’anima, nella semplicità, nell’umiltà”. E a pensare che i bambini, al tempo di nostro Signore come forse ancora oggi, non contavano nulla; non erano neanche persona. E Gesù li prende con modello e come esempio da imitare: “Se volete essere grandi, dovete diventare piccoli come bambini”. E nel Vangelo di oggi, in una pagina stupenda, afferma: “Ti ringrazio, o Padre, perché hai tenuto nascosto queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli”, ai semplici, alle persone umili, ben disposte dentro al cuore, a quelle persone che sanno credere anche senza vedere - come invece pretese San Tommaso quella volta -, a quelle persone che sanno sperare anche se si trovano in mezzo alla sofferenza e alla lotta, anche se ancora non hanno tra le mani l’oggetto della speranza, a quelle persone che sanno amare Dio e amare i fratelli persino i nemici. Ti ringrazio, o Signore, perché hai tenuto nascoste queste cose, che sono le più grandi e le più meravigliose, ai sapienti e agli intelligenti, e le hai rivelate ai semplici, ai piccoli! Si legge nella vita di certi santi che spesso si recavano da loro delle persone dotte, dei teologi, dei filosofi per chiedere delle spiegazioni, questa cosa o quest’altra, ed essi, pur senza aver studiato, sapevano rispondere perfettamente. Perché, direte voi? Ma perché le cose di Dio, più che con la testa e con la ragione, si comprendono con la fede, con il cuore, con l’anima disponibile, con l’umiltà, con la mitezza, con la semplicità, con l’essere interiormente come dei bambini. Anzi chi studia il Signore, le cose di Dio, il Paradiso, la vita eterna, le cose spirituali e soprannaturali senza questa disposizione interiore, in verità, ne riceve più male che bene. Ha scritto Charles Peguy che un teologo che non prega fa paura perché si chiuderà nei suoi schemi mentali e rischierà di diventare un razionalista come Satana, dimenticando la fede in Dio, la speranza in Dio, dimenticando l’amore di Dio. Anche noi, insieme a Gesù, cari fratelli e sorelle, quest’oggi vogliamo lodare e ringraziare Dio Padre perché ha tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti del mondo e le rivelate ai piccoli, e le ha rivelate a noi, che siamo cristiani, che apparteniamo a lui e che vogliamo sì essere piccoli e umili dentro al cuore, come fu San Francesco, come fu Santa Bernardetta Soubirous, la quale diceva di essere come una scopa di cui la Madonna si era servita ma che poi si doveva riporre in un angolo. Ma così diceva, ancora prima, la stessa Beata Vergine Maria: “Il Signore ha voluto servirsi di me. Io sono la serva del Signore … “. E che cos’è il cantico del Magnificat se non una lode dell’umiltà, di questa piccolezza di spirito di cui si compiace il Signore, di questo modo di agire di Dio che non corrisponde ai nostri schemi mentali. Gli uomini, per conquistare il mondo, ricorrono alla scienza, alla tecnica, alla potenza, agli eserciti, alle armi e a tante altre cose. Il Signore invece, per convertire e per cambiare ricorre ad altri mezzi; ricorre all’umiltà, a questa disponibilità e disposizione interiore, e con queste anime umili egli realizza grandi cose. Allora noi, poveri ed umili - come furono poveri ed umili i tre pastorelli di Fatima - ricorriamo a nostro Signore Gesù Cristo, noi “affaticati ed oppressi” - e chi non lo è?! - ricorriamo a Nostro Signore Gesù Cristo, poggiamo la nostra testa sul suo Cuore e da Lui, dal suo esempio, dalle sue parole impariamo l’umiltà e la mitezza. Egli ci consola, ci ristora, ci dona il suo peso e il suo carico che sono soavi e leggeri proprio perché sono i suoi e proprio perché noi - come ci dice quest’oggi San Paolo nella Seconda Lettura - siamo animati e guidati non dallo spirito del mondo, che è spirito della carne, spirito di superbia e di corruzione, ma siamo animati e guidati dallo Spirito di Dio, dallo Spirito di Gesù Cristo. E allora tutto per noi diventa dolce, facile, amabile, sereno, bello, anche la stessa croce, anche la stessa sofferenza, perché sappiamo che su questa terra siamo pellegrini in attesa dei “cieli nuovi e della terra nuova”, incamminati verso il Paradiso dove avranno i primi posti quelli che quaggiù hanno occupato gli ultimi posti. Sia lodato Gesù Cristo!
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