DOMENICA DELLE PALME–C - Sia lodato Gesù Cristo!

Mi piace pensare ai luoghi santi dove si svolsero gli avvenimenti di cui ci dice oggi la Liturgia: Betfage e Betania, il Monte degli Ulivi, Gerusalemme, il Tempio … Percorrere questo cammino particolarmente santo è normale per i pellegrini, come è normale continuarlo poi con le quattordici stazioni della Via Crucis fino al Calvario e al Sepolcro. E sapete che il Calvario e il Sepolcro (distanti tra loro poche decine di metri) sono inglobati in un’unica grande basilica, chiamata appunto “la basilica del S. Sepolcro”. Dicevo che per i pellegrini è normale percorrere questo cammino, ed è normale ora per chi ci è stato di persona, ripercorrerlo mentalmente.
Ma non basta. Dobbiamo soprattutto fare nostri i sentimenti di amore e di dolore che aveva nel cuore nostro Signore Gesù Cristo in quelle circostanze, assomigliando in ciò ai suoi più intimi amici di quei giorni (non tanti in verità), come le pie donne, Giovanni Evangelista e specialmente la Beata Vergine Maria data a noi per Madre proprio lì sul Golgotha.

Potremmo o dovremmo dire molte cose oggi in questa celebrazione. Ma, a Dio piacendo, avremo ancora modo di farlo, specie nel Triduo Pasquale. Rileggeremo infatti di nuovo alcune di queste pagine: il Giovedì Santo il racconto dell’Ultima Cena quando Gesù istituì l’Eucaristia e il Sacerdozio, e poi il Venerdì Santo la Passione di nostro Signore secondo Giovanni. Giovanni è un evangelista “sui generis”, perché racconta normalmente episodi particolari, diversi dagli altri tre, Matteo-Marco-Luca che vengono chiamati “sinottici”. Ma, per quanto riguarda la Passione, e anche l’Ingresso trionfale in Gerusalemme - che vi diede inizio –, S. Giovanni racconta anche lui i medesimi fatti, se pure inserendo talvolta cose originali, come per esempio l’episodio già ricordato del dono della Vergine Maria quale Madre per ogni cristiano.

Da quanto tempo la Chiesa Una-Santa-Cattolica-Apostolica ricorda, anzi celebra questi misteri? Da duemila anni, cioè da quando questi stessi misteri si verificarono. Si verificarono storicamente: e come si fa a negarli se ci sono tanti particolari di nomi, luoghi, date …?! Scommetto che già l’anno successivo, al cadere di quei giorni, i discepoli spontaneamente si riunirono per farne memoria liturgica. E, stando sul posto, avranno ripetuto concretamente, per esempio, l’ingresso di Gesù in Gerusalemme rifacendo lo stesso percorso (come si fa tutt’oggi lì in Terra Santa). Poi, evidentemente, col passar degli anni, queste celebrazioni si sono diffuse nel mondo, dovunque si è stabilita la Chiesa. A questo punto, mi sembra che il tempo (2000 anni) e lo spazio (la lontananza dalla Palestina) siano annullati, ed è come se ci trovassimo anche noi tra quella folla osannante a Betfage, Betania, al Monte degli Ulivi, a Gerusalemme per acclamare a Gesù: “Osanna al Figlio di Davide, benedetto Colui che viene nel nome del Signore”.

Tra le tante cose che si potrebbero dire oggi, ne scelgo una. Qualche giorno fa, trovandoci in riunione, una persona mi chiedeva: “ Ma qual è il significato e il valore dell’ingresso di Gesù in Gerusalemme?”. Prima di rispondere, ricordo un particolare, ossia che fu Gesù stesso a organizzarsi questo ingresso. Così come egli personalmente si organizzò l’Ultima Cena; gli chiesero infatti: Dove vuoi che prepariamo per mangiare la Pasqua? “Ed egli rispose: ‘Appena entrati in città, vi verrà incontro un uomo che porta una brocca d’acqua. Seguitelo nella casa dove entrerà e direte al padrone di casa: Il Maestro ti dice: Dov’è la stanza in cui posso mangiare la Pasqua con i miei discepoli? Egli vi mostrerà una sala al piano superiore, grande e addobbata; la preparate. Essi andarono e trovarono tutto come aveva loro detto e prepararono la Pasqua” (Lc 22, 10-13). Questo è il luogo del Cenacolo, che ci è stato conservato, e dove il Papa Giovanni Paolo II celebrò la S. Messa nel suo viaggio in Terra Santa durante il Giubileo del 2000.

Similmente anche per l’ingresso in Gerusalemme: Fu Gesù a organizzarselo; si vede che ci teneva assai. Per l’Ultima Cena ebbe a dire: “Ho desiderato ardentemente mangiare questa Pasqua con voi!”. E per l’Ingresso in Gerusalemme ordina: “Andate nel villaggio che vi sta di fronte: subito troverete un’asina legata e con essa un puledro. Scioglieteli e conduceteli a me. Se qualcuno poi vi dirà qualche cosa, risponderete: Il Signore ne ha bisogno, ma li rimanderà subito” (Mt. 21, 2-3). Si trovò tutto a puntino; e gli Apostoli fecero proprio così.

Quindi, nostro Signore si organizza personalmente questo ingresso; ma perché allora? Quale significato e valore vi annetteva? Direi che, per sapere la risposta, non bisogna cercare molto lontano. In effetti, nostro Signore, durante la vita, specie la vita pubblica, e specie nei giorni della Passione e nelle ore della Morte, più volte e ogni tanto usciva in espressioni come questa: “Affinché si adempiano le Scritture …”. Anche sulla croce, affinché si compissero le Profezie, disse: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?… Ho sete …”. Cioè, nostro Signore doveva e voleva adempiere tutto quanto era stato scritto su di lui nell’ Antico Testamento. Gli Ebrei, Gesù e i suoi connazionali, conoscevano la Bibbia a menadito. Quindi, sapevano per filo e per segno tutti quei cosiddetti “passi messianici” che parlavano del Messia futuro e atteso. Orbene, per l’ingresso in Gerusalemme era in gioco proprio uno di questi testi dell’Antico Testamento in cui si presentava il Messia come un Re pacifico che cavalcava un asino; esattamente il passo di Zac 9, 9. Lo stesso evangelista Matteo, infatti, continua così il racconto dell’episodio: “Ora questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato detto annunziato dal profeta: Dite alla figlia di Sion: Ecco, il tuo re viene a te mite, seduto su un’asina, con un puledro figlio di bestia da soma” (Mt 21, 4-5). E la folla capì perfettamente il valore di quel segno e vi aderì con il suo entusiasmo, stendendo sulla strada i mantelli, agitando i rami degli alberi e gridando: “Osanna al figlio di Davide! Benedetto colui che viene nel nome del Signore!”. Come lo capirono gli invidiosi Farisei che, pieni di livore, non si frenarono dal dire a Gesù: “Maestro, rimprovera i tuoi discepoli”. Ma Gesù rimproverò piuttosto loro, duri di cuore, che non volevano accettarlo come Messia: “Vi dico che, se questi taceranno, grideranno le pietre” (cfr Lc 19, 39-40).

Gesù Messia vuole entrare in Gerusalemme, pochi giorni prima della sua Passione e Morte, come un Re pacifico, senza armi e a dorso di un umile asinello. Da ciò, senz’altro, il significato aggiuntivo di pace dato a questa Domenica; infatti, ci si scambia il ramoscello d’ulivo in segno di pace, e speriamo che tutti possiamo farlo (almeno il tentativo, e oggi è una buona circostanza), particolarmente quelli che hanno un odio nel cuore o hanno un nemico che li odia.

Ma, dicevo prima: Era profetizzato di questo Messia Re pacifico che entra in Gerusalemme seduto su un asinello. Bene; nostro Signore Gesù Cristo, che era cosciente evidentemente della sua identità di Messia Salvatore – non poteva negare la verità –, con il suo ingresso trionfale in Gerusalemme volle dare quest’altro segno-prova-dimostrazione a chiunque, animato da buona volontà e rettitudine di cuore, volesse credere e aderire a lui. E’ come se avesse detto: “Ecco, io sono l’Atteso, questo segno ve lo prova ancora una volta: Volete accettarmi? Se nonché voi scrutate le Scritture, ma intanto avete gli occhi e le orecchie chiuse”. Gesù accusava soprattutto gli Scribi, i Farisei e i Dottori della Legge. Questi fatti avvennero esattamente in quella Domenica delle Palme, come poi è stata denominata, inizio della Settimana Santa.
Poi si verificarono gli ultimi avvenimenti: Lunedì Santo, Martedì Santo, Mercoledì Santo … Possiamo leggerli nel Vangelo: Episodi interessanti e bellissimi (per esempio, la cacciata dei venditori dal Tempio), e che in effetti furono, tra l’altro, un ultimo scontro – ormai a viso aperto – tra Gesù e i capi politici e religiosi di allora. Ma tutto avvenne in maniera programmata, non a caso. E’ Gesù che domina gli avvenimenti, li preordina, li predice, e li fa andare come lui vuole e come il Padre aveva stabilito. Perciò, nel Gethsemani aveva detto: “Padre, sia fatta la tua volontà!”; e sulla croce, le sue ultime parole furono ancora per il Padre: “Padre, nelle tue mani raccomando lo spirito mio!”.

Per concludere, dico dunque che l’ingresso di Gesù in Gerusalemme in questa Domenica delle Palme è segno della sua Messianicità, e quindi un invito a credere in lui. Infatti, l’evangelista S. Matteo, per aiutarci a capire l’episodio, riporta proprio quella profezia di Zaccaria - come ho già ricordato – ; quindi, la primitiva comunità cristiana vedeva realizzata appunto in Gesù quella antica profezia.

Continuiamo però a fare qualche altra riflessione. Gesù che entra così in Gerusalemme dichiara la sua Regalità Messianica: Egli è Re, ma un Re pacifico. Pilato gli domandò: “Tu sei Re?”. Ed egli rispose: “Tu lo dici, io lo sono”. E sulla croce quella scritta, se pure messa per derisione infamante, proclamava in realtà questa stessa grande verità: “Gesù Nazareno Re dei Giudei”. Comunque Gesù è Re, se pure in maniera diversa dai Re della terra; e Re non soltanto dei Giudei ma dell’umanità intera.

Gesù è Re, ma dove regna e dove trionfa? Dalla croce. Incredibile ma vero: un Re Crocifisso! La croce è il suo trono. Ecco, nostro Signore voleva dire proprio questo: “Io entro in Gerusalemme come un Re pacifico, un Re che dà la vita per i suoi sudditi; con questo gesto io do’ inizio alla cerimonia di intronizzazione che avrà il suo culmine sulla croce: ‘Quando sarò elevato da terra attirerò tutti a me!’’. Quanti milioni e miliardi di uomini in questi duemila anni di storia hanno guardato al Crocifisso, riconoscendosi suoi sudditi e riconoscendolo quale proprio Re e Sovrano e Signore! Altre volte, quando la folla esultante ed entusiasta - per esempio dopo qualche suo miracolo - ricercò Gesù per farlo Re, egli si nascose e non si fece trovare, perché non voleva essere scambiato per un Re politico qualunque. Lui era un Re diverso, Capo di un Regno che non è di questo mondo anche se esiste e comincia in questo mondo. Ma quando venne “la sua ora”, l’ora stabilita, si organizzò da solo il suo piccolo trionfo, il suo ingresso pacifico in Gerusalemme con gli altri fatti successivi che lo avrebbero condotto all’intronizzazione regale vera e propria avvenuta sulla croce. Ecco, questo è il significato e il valore degli eventi che celebriamo, e che dobbiamo comprendere sempre di più con la meditazione personale e con l’illuminazione dello Spirito Santo in questi giorni veramente speciali.

Padre Michele Iorio

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